766 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO di mare possedeva a Bengasi, almeno in quel momento, i requisiti voluti dalla legge, si ricorse all’unica soluzione possibile: affidargli nominalmente il comando dell’« Esperide » e mettergli in pari tempo alle costole qualcuno praticamente capace. Simon Pipitone, navigatore dello stampo del duca di Medina Sidonia, sulle prime declinò l’offerta. Esattamente nell’identica situazione spirituale del comandante dell’invincibile Armata, non si sentiva affatto proclive a riprendere le vie del mare dopo circa mezzo secolo di pacifica vita terrestre. Adduceva lo stato precario della sua salute, la sua età, la sua mancanza d’abitudine. Alla fine, sedotto dal guadagno, accettò. E, qualche giorno dopo, 1’« Esperide* salpava da Bengasi, salutata dalle acclamazioni dei numerosi amici di Pipitone accorsi al porto per assistere a quella storica partenza. I competenti sparsi per i caffè della città dichiararono unanimi che, malgrado la sua imperizia, capitan Pipitone avrebbe impiegato al massimo due settimane per raggiungere il porto di Trieste. Ma si sa quando si parte, dice il proverbio, ma non si sa mai quando si arriva, e 1’« Esperide » e il suo commodoro, dopo quindici giorni d’avventurosa navigazione, bighellonavano ancora fra le innumerevoli isole dell’Egeo. Forse Simon Pipitone, inebriato dal potere, aveva preteso guidare personalmente la sua nave; forse il suo luogotenente si studiava di prolungare volontariamente una situazione che, in quei tempi di disoccupazione, non era affatto da sdegnare. Ogni tanto 1’« Esperide » s’imbatteva in qualche altro veliero e, come al tempo dei Wikingi, l’ineffabile Pipitone, appoggiato al parapetto fumando tranquillamente la sua pipa, chiedeva alla voce la direzione da seguire. Finalmente 1’« Esperide », certo più in grazia di venti compiacenti che della perizia nautica del suo comandante, imboccò il canale di Otranto. Ormai il più era fatto; non rimaneva che puntare deci-