LE DIMORE DEL POETA 211 Al primo piano erano: un piccolo salotto, regno dei cuscini, lo studio ove il Poeta lavorava, e, disimpegnata da un corridoio, la stanza da letto numero uno e il gabinetto da «toilette». Al secondo piano, la camera da letto numero due, an-ch’essa con un gabinetto da « toilette », e due o tre stanze piene d’armadi. Il mistero della doppia camera da letto di d’Annunzio, che potrebbe incuriosire il lettore, merita una spiegazione, tanto più che il fatto d’averne sempre due a sua disposizione in ogni casa sua (salvo il caso d’impossibilità materiale) fa parte delle normali abitudini del Poeta. Soltanto bisogna avvertire il lettore che la spiegazione che l’interessato dà, di questo singolare doppione, a quelli che osano chiedergliela, non è, per cosi dire, che una spiegazione « ad usum delphini », e ancora bisognerebbe che il delfino fosse molto piccolo per accettarla, perché se avesse anche solo quattordici anni, credo non vi presterebbe fede. D’Annunzio dice ed afferma colla massima serietà, ai visitatori, che talvolta prova il bisogno di nascondersi persino ai suoi domestici: che vuole che la sua notte duri tanto quanto gli piace di farla durare, ecc. ecc., e che è questa la ragione per cui ama possedere nei suoi appartamenti una stanza da letto supplementare nella quale è vietato alla gente di casa di andare a disturbarlo, qualunque possa essere il motivo. Si tratterebbe di una camera che insomma dovrebbe godere d’una specie di extra-territorialità, come le Ambasciate. La verità è che questa dualità risponde ad altre dualità, e che, esattamente come nelle Ambasciate, la extra-territorialità serve, com’è naturale, a nascondere i convegni più segreti ed i colloqui di carattere più riservato. E infatti chi oserebbe mettere in dubbio l’assenza dell’ambasciatore quando dai domestici vengono mostrate ad un visitatore od a una visitatrice la stanza da lavoro e una camera da letto vuote?