312 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO Del resto quando verrò, vedrai che l'unghia è nera. Spero di non perderla. Intanto Ricordi mi telegrafa impaziente. Né posso scrivergli questa sciocca e miseranda avventura. Vai senza indugio da lui e digli che sono mortijicatissimo d'aver mancato; ma che è proprio la mala “chance" che mi perseguita (i) ». E crede anche che determinate persone gli portino fortuna. Telegrafa infatti alla vigilia della « première » di una sua tragedia a Parigi, al conte Emanuele Gastelbarco, suo buon amico: « Oso ricordarti che non hai mai mancato di portarmi fortuna. Ti aspetto dunque pel “Caprifoglio” senza fallo. Prova generale giovedì. Ossequi alla contessa indulgente. » Accennerò anche ad un’altra «superstizione» di d’Annun-zio (se cosi la si può chiamare senz’ombra d’irriverenza) che ha origine nell’amore figliale che il poeta ha sempre provato e dimostrato per sua madre quand’era in vita, e nel culto che egli ha votato alla di lei memoria venerata. Poco prima della caduta di d’Annunzio da una finestra del Vittoriale avvenuta nell’agosto 1922, caduta che mise in serio pericolo la sua vita, un fotografo aveva ritratto il Poeta chino sul suo tavolo di lavoro. Riguardando questa sua fotografia qualche tempo dopo lo scampato pericolo, d’Annunzio improvvisamente vi scorse uno strano particolare che a prima vista gli era sfuggito. Cioè la visibile immagine di una mano in attitudine di sorreggere il suo volto, mentre egli sta curvo sulle carte. In questa immagine d’Annunzio volle riconoscere la mano di sua madre con l’anello che essa portava abitualmente all’anulare. L’immagine è infatti facilmente identificabile per chi guarda la fotografia con attenzione, e da quel giorno fu considerato dal Poeta come un segno della protezione con cui la mamma scomparsa lo avvolge ancora. (1) Notare la frase: « quando verrò, vedrai che tutta l’unghia i nera ». Il Poeta la scrive perché teme che io non presti fede all’incidente, che lo ritenga una scusa; convincimento che (secondo lui) potrebbe render fiacca la mia azione di placare l’editore Ricordi.