LE DIMORE DEL POETA 207 il quale egli vi abita, si tratti anche d’uri periodo molto lungo. Il rimaneggiamento dei particolari, le trasposizioni di stanze, i mutamenti, sono nei primi tempi quotidiani e continui. Il costante afflusso di nuovi oggetti comperati o donati, la mania della perfezione, favoriscono questo incessante lavoro di abbellimento e di super-decorazione. Avviene poi nel Poeta, per le case, quel che gli accade per le opere letterarie; che cioè egli non le ama e non le magnifica con amici e conoscenti, se non durante il periodo della loro creazione-, passato il quale, si direbbe che egli se ne disinteressi totalmente. Nella nuova villa che qualche mese dopo egli battezzò definitivamente « Chàlet Saint-Dominique », d’Annunzio si comportò come s’era comportato alla « Capponcina », a Marina di Pisa, alla « Versiliana » e in tutte le altre dimore da lui scelte ed abitate. Primo periodo: disinfezione estetica. Siccome a d’Annunzio non sarebbe materialmente possibile vivere più di qualche giorno in mezzo a mobili meschini o anche semplicemente di quel gusto che comunemente è chiamato borghese; siccome non potrebbe sopportare, né dal punto di vista dell’occhio né da quello dell’igiene, tappezzerie usate, d’Annunzio comincia col far portare in solaio tutto ciò che gli disturba la vista o il tatto. Non resta quindi quasi niente della roba lasciata dal proprietario, e, generalmente, quegli oggetti o mobili che il Poeta mantiene provvisoriamente in servizio, sono proprio quelli al quale il proprietario non attribuiva alcun valore. Qjui una parentesi è più che necessaria: d’Annunzio ha sempre preso in affitto case ammobiliate. E, regolarmente (come se si trattasse di una missione conferitagli ufficialmente dal Destino) le ha tutte riammobiliate con roba sua, da cima a fondo, continuando ben inteso a pagarle al proprietario come case ammobiliate. Ciò dipende dal fatto che la casa vuota lo ha sempre terrorizzato. I preventivi d’arredamento completo non lo la-