d’annunzio e la politica 553 Che pensa d’Annunzio di Mussolini e del Fascismo? Ha modificato le sue opinioni? Ha perso la fiducia che aveva avuta nel «caro compagno » del 1919 a cui aveva scritto la lettera poco innanzi riportata? Sarebbe assai difficile sostenerlo anche dei più accaniti nemici, poiché proprio in quei giorni d’Annunzio dimostra di nuovo in modo indiscutibile la sua perfetta aderenza alla campagna fiancheggiatrice che in favore di Fiume è condotta da Mussolini in Italia, con un nuovo documento irrefutabile ed inequivocabile quanto il primo: cioè la sua domanda di iscrizione (tutta di pugno suo) al Fascio di Fiume. Essa porta la data del 5 ottobre 1920. Anche questo documento, ritengo non abbia bisogno di commento. Non aveva in quei giorni affermato Mussolini: « Gabriele d’Annunzio ed i suoi legionari che non cedono, onorano la nostra stirpe. La capitale d’Italia è sul Qjuarnaro, non sul Tevere »? Si giunse cosi alla indelebile macchia politica del Governo d’Italia d’allora, a quel Natale di Sangue del 1920, più inspiegabile e più ignobile di tutte le Gavinane e gli Aspro-monti che abbia registrati in tanti secoli la storia d’Italia. La « Città olocausta », colpevole solo di volersi riunire per sempre alla Madre Patria, è assalita col ferro e col fuoco; l’indomito suo Comandante è personalmente preso di mira dai cannoni di una corazzata italiana. Si salva per miracolo, perché c’è un Dio che ha deciso di conservarlo alla Patria. Ma della vera situazione politica italiana di quel momento, il Comandante ignora pressoché tutto; lo ignora a tal punto che fino all’ultimo quarto di secondo è perfettamente convinto che l’Italia ufficiale non oserà mai attaccarlo con le armi. Egli non pensa neppure lontanamente che Giolitti trovi in sé il coraggio civile (è il caso di chiamarlo cosi) di anteporre freddamente una ecatombe di italiani ad un eventuale problematico conflitto con le grandi Potenze che,