AUT CAESAR AUT NIHIL 753 celiatale nel suo cervello. Ed anche a quello, rarissima-mente l’udii accennare. « A Ronchi » egli ricorda, « nella casa dove attendevo i “ca-mions” nella febbre e nell'ansia, una contadina mi pose sulla sedia accanto al giaciglio, un grappolo d'uva fresco. Non ne gustai; lo guardai a lungo, ne contai gli àcini e lo lasciai... E sempre me ne rimase il desiderio. « Forse quando sarò in agonia, un angelo scenderà e mi offrirà quel grappolo. » Non presi parte alla Marcia di Ronchi perché d’Annun-zio mi aveva mandato altrove per una curiosa missione politica che un giorno racconterò e documenterò. Lo raggiunsi a Fiume qualche giorno dopo. Egli mi aveva scritto: « I ferrovieri che generosamente ci aiutano in tutti i modi, proteggeranno il tuo passaggio ». Attraversato infatti lo sbarramento, grazie al loro valido ed intelligente aiuto, volli non appena giunto raccogliere dalla voce di uno dei partecipanti all’impresa gli esatti particolari dello storico evento. Ma poiché tutti i legionari soldati ed ufficiali, almeno quelli di una certa classe intellettuale, per quella umana ed incosciente deformazione della verità che l’entusiasmo produce anche nei cervelli più freddi e più equilibrati, infioravano chi più chi meno la loro narrazione con interpretazioni e glosse personali, io decisi di rivolgermi al più modesto fra coloro che si erano trovati fisicamente al fianco di d’Annun-zio, dal primo istante all’ultimo della Marcia, cioè al suo fedele attendente Italo Rossignoli. Trascrivo il suo racconto e mi guardo bene dal tornirlo letterariamente, poiché ritengo che il suo pregio, come quel- lo dei quadri dei primitivi, derivi appunto dall’ingenuità e dalla rozzezza della forma nella quale mi venne narrato. « Dal nove settembre era colla febbre. Ilio non si alzò dal letto. Si alzò Fu settembre. « Eravamo nella Casetta Rossa. — “Italo, vuoi venire -18