GLI AMOROSI INCENDI DEL POETA 427 La nobildonna (lo raccontò più tardi) aveva lungamente esitato a presenziare al matrimonio, benché fosse legata al fratello da un affetto vivissimo. Perché? Perché sapeva di dovervi fatalmente incontrare e conoscere Gabriele d’Annunzio, e lo detestava come scrittore e come uomo colla intensità con cui solo sa detestare una donna personalissima ed intelligente quando odia un uomo: cioè con tutto il suo cervello, con tutto il suo cuore e con tutti i suoi nervi. Per lei Gabriele d’Annunzio rappresentava in quell’epoca l’essere antipatico e antitetico per eccellenza. Severa e diritta in ogni sua cosa, non vedeva in lui che un artista decadente, un uomo tortuoso e vizioso. Lo conosceva soltanto per la sua fama di Don Giovanni senza scrupoli, di impenitente peccatore, di meraviglioso corruttore, di negatore di ogni virtù femminile, di bestemmiatore d’ogni purezza e d’ogni sentimento elevato. Fu l’evidente esagerazione di questa opinione che la condusse poi ad amare il Poeta? Fu l’abilità che egli spiegò poi nel dimostrarle la sua pretesa corruzione altro non essere se non una delle tante leggende che lo avevano sempre perseguitato? Lo ignoro. Sta il fatto che, dopo poche settimane dal primo incontro, la nuova amica raggiungeva d’Annunzio nell’eremo della Gapponcina e, in cospetto a tutto il mondo poiché era incapace di restrizioni morali e di infingimenti mondani, iniziava con lui una vita in comune destinata a durare ininterrotta, come ho già detto, per enea quattro anni. Era prevedibile che l’esistenza di una donna come quella al fianco di un uomo come Gabriele d’Annunzio dovesse assumere delle forme speciali, lontanissime da qualsiasi concezione borghese. E cosi fu infatti. La loro vita alla Capponcina fu un seguito di pazzie, una più pazza dell’altra. Un celebre deitto latino afferma che: <