d’annunzio e la politica 547 Il convegno di Pallanza, per fortuna dell’Italia, si diluì in numerose chiacchiere di giornalisti all’Hótel Métropole, e in una « soirée dansante » fra jugoslavi, straniere di passaggio e qualche giornalista, all’Hótel Eden. Il generale Badoglio non arrivò, e la conferenza fu rinviata « sine die ». A titolo umoristico mi permetto di rammentare al lettore che i cardini delle pretese jugoslave, sulle quali il convegno di Pallanza avrebbe dovuto essere imperniato, erano fra l’altro, la cessione di Udine e di Cividale al Regno serbo-croato-sloveno. « E perché non Milano ? » chiesi io ad un giornalista serbo che incontrai al Caffè Bolongaro. « Oh Dio », mi rispose « non dovete stupirvi se si comincia col chiedere molto; poi vedrete... ci si accorda sempre. A Milano, del resto, non ci pensiamo neppure ! ». Trumbic ed i delegati jugoslavi non ebbero a rimpiangere d’aver trascorso una settimana in riva al bel lago Ver-bano, e il generale Badoglio perse un interessantissimo autografo di Gabriele d’Annunzio che naturalmente (non avendo potuto consegnarlo al destinatario) io riconsegnai al Comandante. Forse l’attuale glorioso Duca di Addis Abeba ne ignorò sempre l’esistenza, il che fu un bene per lui, perché, come dice Orazio: « Ignoti nulla cupido ». Quella storica lettera (che naturalmente non ha che un valore retrospettivo giacché lo stesso d’Annunzio ebbe in seguito a modificare totalmente le sue opinioni sulla consistenza e solidità del Regno serbo-croato-sloveno) io l’avevo ricopiata preventivamente anche perché, dati i tempi, avrebbe potuto essermi sequestrata. Eccola nella sua integrità: o Mio Generale, « mi consenta — dopo un cosi lungo silenzio — di rivolgere anche una volta al Suo grande spirito italiano una parola italiana. Il maggiore Giovanni Giuriati, or è qualche tempo, ebbe l'ono-