386 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO Tutto ciò forma il soggetto del volume: « Contemplazione della Morte ». Ma è necessario aprire qui una parentesi che ritengo interessante ai fini della comprensione della psiche dannunziana. Chi era nella vita reale, non in quella irreale creata dal genio di d’Annunzio, questo Adolfo Bermond? Era un vero santo, nel senso sia pure non strettamente canonico della parola, oppure una bravissima e degna persona come ne esistono a centinaia in ogni paese e la cui fine cristianamente edificante e umanamente commovente ha servito a d’An-nunzio di spunto per un’opera d’arte? Vediamolo. 10 non arrivo al punto del Maresciallo di Villeroy che si rifiutava a credere che Francesco di Sales fosse stato fatto Santo dalla Chiesa, solo perché (diceva lui) : « non so quante volte ho pranzato con lui a Lione ! ». Ma pur non arrivando a questo eccesso di incredulità e visto che non si tratta di un Santo riconosciuto dalla Chiesa, vi descriverò Bermond quale era, poiché l’ho conosciuto e praticato ancor più sovente che non d’Annunzio stesso, per ragioni, dirò cosi, d’ufficio. Adolfo Bermond, tipo di patriarca bordolese (non tanto nell’aspetto, poiché era un vecchietto piccino e pieno di brio malgrado i suoi ottant’anni suonati, quanto dal punto di vista familiare, poiché era padre di almeno quattordici figli viventi), era il padrone di casa di d’Annunzio ad Arca-chon, vale a dire il proprietario di quello « Chàlet Saint-Dominique » nel quale d’Annunzio ha trascorso cinque anni del suo esilio: « lo straniero affabile, divotissimo di San Domenico, da cui ebbe la casa tranquilla sulla duna » (i), cosi lo chiama il Poeta. 11 primo contatto che io ebbi con Adolfo Bermond fu a causa del fitto di casa che, secondo il solito, avevamo (i) «Contemplazione della Morte », pag. 33, Ediz. Treves.