122 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO suno meglio di lui sapeva e dimostrava come l’arte non sia se non una magia pratica. » Ma da tanta purezza di lingua e magnificenza di vocaboli, che traspare? Un sentimento, da parte di d’Annunzio, che ondeggia (è inutile sforzarsi a nasconderlo) tra un senso d’amicizia e di fraternità leggermente artificiale ed una punta palese, per quanto ben velata, di compatimento, non si sa bene se destinata solo all’uomo od anche un poco al confratello, che la Gloria aveva baciato, ma che la Fortuna non aveva favorito come lui. In ogni caso l’ammirazione è solo racchiusa nella frase citata per ultima « Penso che nessun artefice, ecc. ecc. » Non è molto, e non è nemmeno ben chiaro! Certo d’Annunzio ebbe sempre assai caro il modesto e ritroso artefice di Castelvecchio, ma se i loro spiriti e i loro cervelli avevano numerosi punti di contatto, li separava invece l’assoluta diversità di temperamento, la inconciliabile differenza nei gusti, negli appetiti, nel modo d’interpretare la vita e di praticarla. D’Annunzio vide Pascoli per l’ultima volta a Bologna, « qualche settimana prima » egli scrisse « della mia partenza per l’ultima avventura» (i). E aggiunge: « Triste commiato di chi era per farsi fuoruscito a chi restava legato dalla catena scolastica ». Pur prediligendo il Pascoli, d’Annunzio non se ne nascondeva i difetti. Ne ebbi una prova in una lettera a me diretta nel periodo in cui io ero suo editore, vale a dire intorno al 1905. La Casa Editrice da me diretta era sul punto d’iniziare la pubblicazione d’una rivista letteraria che poi apparve sotto il nome di « Il Rinascimento ». (1) D’Annunzio chiama qui * ultima avventura » la partenza per la Francia. La sorte gliene riserbava ben altre!