L’UOMO MORALE e... IMMORALE 43 na di questo uomo d’eccezione, esse debbono considerarsi soggette tutte a cauzione, giacché non rappresentano che studi incompleti di brevi periodi o di circostanze speciali della sua esistenza. E ciò a prescindere dal sistema grottesco ed arbitrario seguito da taluni, di attribuirgli al cento per cento il pensiero e la psiche di alcuni personaggi delle sue opere sol perché rispecchiano in parte alcune abitudini e stati d’animo del loro creatore. Chiunque si ponga a studiare il carattere di d’Annunzio e voglia trarre da questo studio una spiegazione logica degli atti da lui compiuti, deve, prima di ogni altra cosa, porre come base delle indagini la presenza in lui di elementi antitetici, dovuti in parte al suo smisurato potere di assimilazione, in parte alla complessità ed alla straordinaria varietà dei suoi desideri e dei suoi impulsi. Egli è una tale amalgama di contraddizioni che talvolta è impossibile spiegare un suo atto (i). Costante, egli non lo è che in determinate qualità e in determinati difetti, talmente insiti e radicati nella sua stessa natura che nessuna forza o circostanza varrebbe a smuo verli o a modificarli anche solo parzialmente. Non essere prodigo, non essere patriota, non essere egoista, non essere sensuale, non essere buono, non essere irresoluto, non essere gentile, non gli sarebbe possibile come non gli sarebbe possibile mutare di sesso o di età; mentre gli è facilissimo (tanto che neppure se ne rende conto) essere paziente al mattino e irascibile nel pomeriggio, modesto in un’occasione e intrattabilmente superbo in un’altra. Accennando a se stesso, in una sua lettera ad una donna amata, che scrisse quand’era ancora adolescente, egli fa di sé questo telegrafico ritratto: « Prodigo, scialacquatore, temerario, generoso, affettuoso, innamorato di te, triste, gaio, da (i) *Non v'è creatura piti di me mutevole, e pili di me ferma, piti di me inquieta e piti di me pacata », ammette egli di sé.