504 VITA SEGRETA DI GABRIELE D'ANNUNZIO ci, nel ricercargli una parte di quelle documentazioni e di quei volumi che gli occorrevano per il suo lavoro letterario, nel proteggere la sua indipendenza, trattare gentilmente coloro che avrebbero potuto essergli un giorno utili, e nel-l’eliminare gentilmente, ma implacabilmente dalla sua vita tutte le persone e le cose inutili o dannose... Ma, quanto alla corrispondenza, tutto si limitava a prenderne visione, a suddividerla, a elencarla, a esprimergli eventualmente un parere in merito, ma mai a rispondere! Da lui, la posta, è considerata come una calamità inevitabile, qualcosa come la pioggia, il caldo o il freddo, e non come un mezzo di contatto col mondo esteriore, giacché di questo contatto egli non ha mai provato il bisogno. L’ammasso delle lettere e dei telegrammi è accettato giornalmente da Gabriele d’Annunzio, con un dolce stoicismo, commovente e tanto più lodevole, in quanto gli costa un patrimonio in mancie ai fattorini giacché la maggior parte delle lettere è raccomandata, e quasi tutti i telegrammi sono urgenti o con risposta pagata. La tradizione dei doveri dell’ospitalità, che in lui è sacra, si estende, in d’Annunzio, anche alle lettere. Esse sono dunque ricevute, come qualsiasi visitatore, col sorriso sulle labbra. Lettere e telegrammi si accumulano cosi, durante la giornata, su svariati vassoi, ripartiti nelle varie camere della casa e nessuno li apre. Lo sguardo con cui d’Annunzio gratifica questi infernali vassoi colmi di missive, quando gli avviene di passarvi vicino, è divertentissimo. È un misto di rassegnazione per la quantità e di commiserazione per coloro che le hanno scritte ancor più che per lui che le ha ricevute. Improvvisamente, a un dato momento, il più delle volte malissimo scelto e illogico poiché egli sta per uscire di casa 0 poiché il domestico annunzia che il pranzo è servito, d’Annunzio ne inizia lo spoglio con la stessa inconsulta violenza con cui, secondo la tradizione, l’amante strappa 1 veli dell’amata.