80 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO delle signore e naturalmente il bersaglio dei « chers con frères » che detestano questo meraviglioso intruso, è ob bligatorio che ogni giorno i giornali abbiano almeno un « écho » su d’Annunzio. Cosi almeno pretendono i direttori; e i poveri giornalisti, quando gli anneddoti mancano, sono costretti ad inventarli. Sorge allora una piccola leggenda stupida e « floreale »; che cioè durante le prove del San Sebastiano, al Teatro dello Chàtelet, il Poeta, alla fine di ogni « répétition », ami adagiarsi su una specie di triclinio insieme alla divina Ida Rubinstein e che, in quest’atteggiamento da tomba etrusca, pretenda e riceva, dalle interpreti minori che sfilano davanti al triclinio, l’omaggio di innumeri rose sanguigne. Qualche giorno dopo, ecco invece una leggenda mondana. Il Poeta essendo invitato in una casa, avrebbe inavvertitamente lasciato cadere il fazzoletto; e alla padrona di casa che cortesemente glielo avrebbe raccolto, avrebbe detto col suo solito orgoglio: « Vous pouvez le garder ». E di queste scemenze i giornali parigini ne raccontano, allora, ogni giorno: sembra non abbiano altra occupazione che quella d’interessarsi dei fatti e gesti del Poeta. La Leggenda poi gli conferisce anche (durante il suo soggiorno in Francia) il comodissimo dono dell’ubiquità, fino a quell’epoca riservato a Sant’Antonio. Cosi, nella stessa giornata, mentre in realtà d’Annunzio vive tranquillamente in un appartamentino delPHótel Meu-rice, un giornale pubblica che il Poeta è chiuso in una villa a Senlis, intorno alla quale vagano imploranti i creditori delusi arrivati dall’Italia; un altro, che il Poeta è fuggito da giorni a Ginevra dove è stato notato e visto al Kursaal; e un terzo, più immaginoso, il Gii Blas, che il Poeta veleggia Sull’Atlantico in gradevole compagnia. Avendogli io mostrati i ritagli dei giornali, egli scrisse infatti, in quel tempo, ad Emilio Treves: « Sembra che io stia ora sullo yacht di una americana ricchissima e bruttissima, la quale - horresco! - mette in musica la “La Nave”». E conclude