D’ANNUNZIO E LA GUERRA 6gì L’esercito e la nazione intera approvarono silenziosamente questo imprevisto ed isolato caso di utilizzazione militare, che non ebbe parallelo presso alcun’altra nazione, per la semplice ragione che nessuna d’esse possedeva un Gabriele d’Annunzio (i). Certo, mentre egli fu autentico combattente in tutta la estensione del termine, non ebbe, quanto a privazioni fisiche, che da sopportarne ben poche, oltre ai disagi normali che può provare un uomo di cinquant’anni costretto a vivere come uno di venti (2). Durante tutto quel lungo periodo, le sue uniche e vere sofferenze trovano la loro origine nelle pause dell’azione, non tanto di quella personale quanto di quella dell’esercito, pause che naturalmente egli non è in grado di comprendere e valutare, non possedendo l’intera conoscenza degli elementi che le determinano. La sua mentalità, sia pure in modo attenuato, rimane quella del non combattente; leggendo i bollettini di guerra, egli si stupisce della lentezza delle operazioni e stigmatizza pretese imperizie di generali. Egli non si mostra infatti febee che quando gli vien concesso d’agire e di pagare di persona. In data 8 settembre 1915, cosi mi scrive: « Il venti settembre compirò il più ardito dei miei voli. La fortuna mi assista (3). La vita è noiosissima fuori della febbre di guerra. E questo durerà all’infinito ». E, in un’altra lettera della stessa epoca: « L’azione mi tra- (1) Immediatamente dopo il volo su Vienna, 1’« Arbeiter Zeitung » scrisse lealmente: « E i nostri d’Annunzio dove sono? Anche fra noi si contano in gran numero uomini che allo scoppio della guerra declamarono enfatiche poesie. Chi di essi ha avuto il coraggio di fare quel- lo che ha fatto d’Annunzio? » (2) La più forte privazione sua era la mancanza del bagno; me ne accennò spessissimo nelle sue lettere. (3) Si tratta del volo su Trento. Egli portò il saluto della Patria alla città irredenta che attendeva la liberazione. Le batterie austriache aprirono un fuoco intensissimo contro il suo biplano; numerosi proiettili bucarono le ali tricolori dell’apparecchio; d’Annunzio atterrò incolume a Vicenza dopo due ore di volo.