D’ANNUNZIO E I SUOI SERVI 347 che, sotto il titolo francese di « L’Enfant de volupté », lo avevano reso celebre e alla moda. Ogni giorno il Poeta, che era sceso all’Hótel Mirabeau, riceveva dai venti ai trenta inviti a pranzo, e ritornando all’albergo, dopo intere giornate di « prove » massacranti, trovava regolarmente nell’anticamera dell’appartamentino da lui occupato una vera folla di postulanti e di ammiratrici che chiedevano autografi, che gli portavano dei fiori e delle poesie in omaggio, e che pretendevano la firma sugli « album » e cartoline postali. D’Annunzio, che ha sempre detestato queste intrusioni nella sua vita privata, se ne irritava ogni giorno di più e ne faceva naturalmente una colpa a Isidoro, che non era capace, secondo lui, di liberarlo da quella quotidiana ossessione. Un bel giorno, essendosi più del solito adirato, si decise a rimandarlo bruscamente in Italia. Isidoro parti, ma fu talmente afflitto per il fatto d’essere spiaciuto all’adorato e venerato padrone che dopo pochi giorni di soggiorno alla Capponcina, e dopo aver riunito a banchetto tutti i domestici del Poeta ed alcuni altri suoi amici di Settignano, si rinchiuse nella sua camera e si uccise con un colpo di pistola. « I giornali francesi » diceva d’Annunzio quando rammentava questo tragico episodio « anche in questa occasione non smentirono il loro abituale cattivo gusto, e fra essi, il « Gii Blas » pubblicò la descrizione del suicidio con queste poco felici parole di conclusione: “Isidor s'est tué dans le style de la maison!” » (i). (i) Il Poeta dimenticava i giornali italiani! Infatti la * Gazzetta di Torino » pubblicò il racconto del suicidio, e, piena di finezze anche essa, intitolò l’articoletto: « La morte del cameriere del Super-Rapagnetta d’Annunzio ».