l’esilio ad un tratto si chinò all’orecchio di d’Annunzio e gli disse in modo da essere inteso anche da noi: «Je n’ai revélé la vérité à personne; mais puisque vous vous appellez Gabriel d’Annunzio, avec vous je parlerai ». Si ritirarono in un angolo e per più di un’ora e mezzo il vecchio Balthazi parlò all’orecchio di d’Annunzio. Interessatissimo, il Poeta beveva le parole di lui, e di tanto in tanto lo interrompeva per chiedergli qualche schiarimento. Quando ci alzammo, Gabriele d’Annunzio conosceva la verità sulla tragedia di Mayerling. Essa aveva dovuto essere ben interessante, poiché durante tutta la notte, malgrado i balli, lo « champagne » e le belle signore il Poeta rimase assorto e pensieroso. Nessuno di noi osò chiedergli nulla, nemmeno le nostre due giovani compagne; ma si trattava, è vero, di due russe e dalle russe ci si può aspettare tutto, persino la mancanza di curiosità. Solo il giorno seguente, io gli domandai a bruciapelo: « Scriverai un giorno quello che hai udito ieri sera dalla bocca di Baltbazi? » « No » mi rispose. « Rodolfo e la Vetsera hanno scritto la loro tragedia col sangue. Non è il caso che io la guasti coll’inchiostro ». Da quel giorno non ho mai più udito d’Annunzio accennare a quel fatto. Certo il periodo dell’esilio o meglio della permanenza del Poeta in Francia non è ricco solo di avventure femminili sentimentali o boccaccesche, e di divertimenti leciti ed illeciti. Fortunatamente! Quella prerogativa spetta prevalentemente ai lunghi e brevi soggiorni suoi a Parigi, e fu facilitata dal fatto che nella grande metropoli egli non ebbe se non negli ultimi mesi una vera e propria casa, e passò, come si e visto, da appartamenti ammobiliati a stanze di albergo, mancando quindi quasi sempre di quell’isolamento e di quel racco-