48 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO analoghi, perché deve sceglierne due o tre (cosi scrive lui), per fare dei regali. Gliene mando una ventina e dopo qualche giorno lo prego di rimandarmi quelli che non intende comperare. Ecco la sua risposta per espresso: « Dei gioielli prendo la massima parte, che ho da far doni a parenti della mano destra e della sinistra. Ma l’orafo dovrebbe ridurre la somma ad 8000 (ho fatto l’addizione). Ai primi d’agosto verserò altre 15.000 lire. * Non ne rimandò neppure uno. Alle volte egli è il primo a scherzare di questa sua mania. Trovandosi una volta a Gardone con S. A. R. il Principe di Udine, si toglie dall’anulare della mano sinistra un magnifico anello d’oro: un’aquila che serra fra le unghie un rubino tagliato a cuore: « Permettete, Altezza, » dice, « che ve ne faccia dono. Dicono che io sono prodigo e spendereccio. Non è vero. Vi dò l’anello ad un patto : che vi entri nello stesso dito. » L’anello entrò perfettamente. Allora d’Annunzio disse ridendo: « Peccato ! Ma non abbandonatelo mai. Vi porterà fortuna ! ». Si direbbe che non ami guadagnare ed aver denari che per poter regalare dalla mattina alla sera. « Io ho il diritto di non essere derubato » dice d’Annunzio, «perché ho sempre dato tutto quel che mi è stato chiesto ed anche quel che non mi è stato chiesto. La frode verso di me è imperdonabile. » E non bisogna dimenticare che egli, con la sua solita bontà, considera frode solo la frode ignobile o il raggiro, non già i piccoli trucchi che subisce senza protestare e perdona con la più grande indulgenza. Quando abitava Parigi sull’Avenue Kléber, uscendo di casa trovava quasi ogni giorno un ex tenore italiano che l’attendeva per chiedergli dei piccoli sussidi. Gli dava sempre un luigi. M’accorsi che il beneficato andava sistematica-mente a spenderlo in bibite al Café de la Paix e lo riferii sdegnato al benefattore. D’Annunzio mi rispose: « Che cosa