VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO del Parlamento italiano, e che egli invece, alla stessa epoca, errerebbe fuoruscito e « senza pace » per l’Europa; certo, se avesse potuto supporre tutte queste belle cose, avrebbe trattato i plenipotenziari di Fiume con un po’ più di riguardo. Ma i veggenti, se pure esistono al mondo, sono casomai i poeti e gli eroi; non certo gli uomini politici dello stampo di Nitti. « Ci vuol altro » egli ci fece rispondere « che venir a parlare di Fiume! Ben altri più gravi problemi occupano la mente del Presidente del Consiglio. Pane, ci vuole per l’Italia! Pane! altro che Fiume! E, fra due mesi, di pane, non ne avremo più! » Era, questa del pane, uno dei ritornelli di Francesco Nitti. E l’aveva tanto affermata, quella pretesa imminente carestia, che anche alcuni suoi collaboratori lo ripetevano a tutti: «Alla fine dell’anno l’Italia sarà senza pane ». Era una di quelle frasi semplici e di effetto demagogico sicuro, che, se lasciano indifferenti i competenti e gli ottimisti, hanno però una formidabile portata sull’animo dei semplici e dei pessimisti, che costituiscono la maggioranza dei popoli; per cui, in presenza di un tale spettro, questi ultimi finivano per stringersi, volenti o nolenti, intorno a quel Nitti che, se da un lato esagerava nelle rinuncie e nella sistematica svalutazione dei fattori ideali, sembrava però detentore di quel buon senso pratico che salva talvolta gli uomini. Comunque, coerente ai suoi principii ed alla smisurata considerazione che egli nutriva per se stesso, Nitti si rifiutò di ricevere la Delegazione di Fiume. Gli uomini che la componevano non potevano certo pensare allora che quel trattamento avrebbe costituito, per il loro futuro, una delle più alte soddisfazioni morali alle quali essi potessero aspirare.