d’annunzio e l’inconoscibile 401 rente raccoglimento religioso risponda ad un analogo stato del suo spirito. Purtroppo un episodio del quale fui testimonio starebbe a provare il contrario. Lo accompagnavo un giorno, come ufficiale addetto alla sua persona, ad una celebrazione religiosa che aveva luogo nella Cattedrale di Fiume. Lungo la strada avevamo parlato di un suo contratto editoriale e dei vantaggi finanziari che egli avrebbe potuto ottenere da certe clausole che io mi permettevo di consigliargli. Egli non mi aveva risposto né si né no, e il suo silenzio si protrasse fino a quando egli entrò nella Cattedrale, dove rimase circa un’ora, in ginocchio con la testa fra le mani. Finita la cerimonia ci ritrovammo all’uscita, e quando fummo in automobile egli, come conclusione evidente di una sua lunga meditazione in proposito, mi disse semplice-mente: «La clausola che tu proponi è insufficiente. Bisogna esigerne altre che ho pensate ». E me le enunciò lucidissimamente. Il lettore può da ciò arguire quanto poco i canti liturgici e il profumo d’incenso avessero ottenebrato i pensieri dell’uomo d’affari. In genere le relazioni personali di d’Annunzio con le alte e le umili gerarchie del Clero sono sempre state cordialissime e deferentissime. Non solamente egli non ha mai avuto contro i rappresentanti della religione alcun partito preso, ma professa nei loro riguardi la massima deferenza. Framassone, non lo è mai stato né avrebbe mai potuto esserlo. Fautore e banditore dell’individualismo ad oltranza, egli ha sempre sorriso alla sola idea di far parte di sodalizi o di sette. A Venezia, nel 1917, d’Annunzio ebbe l’occasione di essere presentato dal conte Pietro Foscari al cardinale La-fontaine, Patriarca di Venezia. 4.