ig8 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO casa di campagna di signorotti fiorentini, situata sul colle di Settignano in una incantevole posizione dominante la meravigliosa conca ove è racchiusa la bellezza di Firenze. Apparteneva al marchese Viviani della Robbia che a Firenze era soprannominato « il marchese bécero », soprannome che nella sua più blanda interpretazione suonerebbe: «dispregiatore delle forme e della cortesia», e che quindi a priori avrebbe dovuto escludere in lui una predisposizione favorevole al Poeta già allora celebre per la sua cortesia innata e per il suo culto per tutto ciò che è forma e gentilezza. Nondimeno l’aifitto tra il rude marchese e il delicato artefice fu facilmente concluso, e d’Annunzio si stabili nella nuova dimora. Era sommariamente ammobiliata e sopratutto mancante d’ogni « confort ». Nello stato in cui si trovava avrebbe potuto al massimo servire a due coniugi con parecchi bambini, amanti della solitudine e della pace e indifferenti ad ogni raffinatezza del vivere. In pochissimo tempo quella casa si trasformò, coll’aiuto degli antiquari fiorentini mobilitati dal Poeta, in una fastosa ed originalissima dimora d’artista, in una specie di museo quattrocentesco (i) in cui i mobili autentici si accomunavano ai ferri battuti, i calchi dei più celebri capolavori dell’umanità ai cotti di Luca della Robbia, e ai tappeti persiani, e le decine di migliaia di volumi, sontuosamente rilegati, ai damaschi ed ai broccati più vari. Ma se la « Capponcina » (che rappresentò per d’Annunzio la completa attuazione dei suoi antichi sogni di giovale poeta che senza un soldo in tasca scioglieva inni ai (l) A séguito della moda lanciata da d’Annunzio, una vera epidemia di arredamenti quattrocenteschi si abbatté sull’Italia e, dal modesto impiegato alla piccola attrice di cinematografo, dalla vedova sentimentale al commesso di negozio in frégola di matrimonio, tutti vollero avere ed ebbero l’appartamento « tipo Francesca da Rimini » col damasco a trenta lire il metro e il cancelletto in ferro battuto comperato alle « Cento Città d’Italia »