d’annunzio e gli animali 233 Innumerevoli alla Capponcina in Italia ed alla Fattoria « Dame Rose » in Francia, numerosi ancora allo « Chalet St.-Dominique » ad Arcachon, ridotti a Fiume ad un solo ed unico esemplare, la dolce Crissa, quei cani di razza hanno seguito dappertutto le avventure del padrone ed hanno condiviso le sue gioie. Le pagine che il Poeta nel suo romanzo « Il Fuoco » ha consacrato ai suoi compagni di giochi della Capponcina, mi impongono di non deturpare con la mia prosa le parole con le quali egli li ha celebrati, senza dimenticarne neppur uno. « Ali-Nour! Crissa! Nerissa! Clarissa! Altair! Helion! Har-dicanute! Veronese! Hierro! Donovan! Sirius! Piuchebella! « Egli li conosceva tutti per nome, ed essi chiamati parevano riconoscerlo per padrone. V’era il levriero di Scozia, nativo delle alte montagne, col pelo rude e spesso, più duro e più folto verso le gote e il muso grigio come il ferro nuovo; v’era il levriero di Irlanda distruttore di lupi, rossastro, robusto, il cui occhio bruno girante mostrava il bianco; v’era quello di Tartaria, brizzolato di giallo e di nero, originario delle immense steppe asiatiche, ove di notte custodiva la tenda contro le iene e i leopardi; v’era quello di Persia, biondo ed esiguo, dalle orecchie coperte di lunghi peli serici, dalla coda fioccuta, pallido sui fianchi e giù per le gambe più grazioso delle antilopi che aveva ucciso; v’era il galgo spagnuolo, migrato coi Mori, quello che il nano pomposo regge a guinzaglio nella tela di Diego Velasquez, istruito a raggiungere e ad abbattere nelle nude pianure della Mancia 0 nelle macchie della Murcia e di Alicante fitte di stipa; v’era lo “sloughi” arabo, l’illustre predatore del deserto, fosco la lingua e il palato, con tutti i tendini visibili, con tutta l’ossatura rivelata a traverso la pelle fine, nobilissimo d’animo, fatto di orgoglio, di coraggio e di eleganza, abituato a dormire su’ bei tappeti e a bere il latte puro in un vaso mondo. E, raccolti insieme come ma muta, essi fremevano intorno a colui che sapeva risvegliare nel loro sangue intorpidito gli istinti primitivi dell’inseguimento e dell’uccisione. » Fra i suoi cani del periodo fiorentino ve n’è uno non citato nelle pagine riportate perché morto prima che d’An-