270 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO biamo pur concludere, senza poter essere tacciati di catonismo, che la figura del Poeta, sia pure da un punto di vista speciale, esce da questo primo periodo d’«esilio »singolarmente modificata (i). La vita futile e mondanamente dissipata di d’Annunzio non era dipesa soltanto dalla sua volontà e dalla sua inclinazione: era stata anche un prodotto dell’ambiente e delle circostanze. La Parigi del 1913 e del ’14, per quelli che ancora la ricordano con esattezza, era una città in cui la raffinatezza, l’eleganza, la gioia di vivere e 1’« insouciance » avevano raggiunto vertici insorpassabili. Sembrava che tutti non vivessero che per godere, e i godimenti materiali e intellettuali più impensati e più inediti venivano incontro agli individui d’ogni classe sociale con una tale facilità e in tale copia, da lasciar credere che l’età dell’oro fosse per tornare. Forse il Destino, sapendo che la più grande guerra che il mondo avesse mai conosciuto, sarebbe scoppiata dopo pochi mesi, concedeva cosi, a migliaia di morituri, quell’ultimo preventivo conforto. Non è difficile immaginare, dato che la facilità di godere era pressoché alla portata di tutti, quanto essa lo fosse per un essere privilegiato come d’Annunzio « que le monde et le demi-monde s’arrachaient» e che aveva per cosi dire accumulato durante dieci anni di vita non certo casta ma fuori totalmente dal cerchio mondano, tanta sete di sensazioni. (1) Un suo biografo ufficiale, certamente in buona fede, scrive: « Ma pure esiliato dalla Patria e privo di ogni bene vano, Ariel (d’Annunzio) nato pel combattimento, assai lungi dal disperare, fidava ancora nella sua più bella vittoria ». Oso sperare che questa versione della vita del Poeta in Francia non sia stata dettata all’Autore dall’interessato, perché in questo caso dovrei rinunciare a credere che d’Annunzio sia sempre stato un uomo di spirito. E me ne dorrebbe assai.