92 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO frate, si è circondato di monache; la villa è una specie di convento: si vede il Poeta passare orando per i corridoi, segu to da clarisse che portano dei ceri. Povero d’An-nunzio! ! ! ! » (i). Intanto, mentre la Leggenda apre le ali e parte dal Vittoriale, l’ignaro e innocente d’Annunzio che si è cambiato d’abito e si è messo in smoking, come qualsiasi signore che viva in campagna e riceva degli amici, sta sedendosi tranquillamente a tavola coi suoi ospiti. Ma, certo, questo quadro borghese, che è il vero, sarebbe troppo banale! Non mancò a d’Annunzio, nella sua vita, neppure una leggenda di carattere letterario: e non fu cosa di poco conto: ed anni ci vollero, per distruggerla. Fu la leggenda dei plagi dannunziani, oggi quasi dimenticata, che nacque, fiori e prosperò pili di trent’anni fa, in quell’epoca beata della vita italiana in cui un pettegolezzo di un caffè di Roma o di Milano occupava gli spiriti della nostra stirpe molto più che non la perdita di una colonia o la distruzione sismica di una città. Chi ne fu banditore, patrono e propalatore, fu un occulto poeta, una specie di « Pére Duchesne » della letteratura italiana, morto qualche anno fa, che si chiamava, al secolo, Enrico Thovez. Veicolo della calunnia fu un giornaletto settimanale « La Gazzetta Letteraria », precursore lontanissimo delle « Fiere letterarie », dei « Candide » e dei « Gringoire » che furoreggiano oggigiorno. Fu su questo foglio mondano-letterario di Milano eh? (i) Questa leggenda fratesca fu anche favorita dal fatto che il 19 settembre del 1922 d’Annunzio, ancora convalescente della sua caduta da una finestra del Vittoriale, si recò in gita a visitare il Convento di Ma-guzzano e vi rimase tutta una giornata facendosi anche fotografare in mezzo ai frati.