d’annunzio e la politica 541 D’Annunzio non riprese ad interessarsi di politica che circa dieci anni più tardi; all’inizio cioè della guerra ita-io-turca. Fu in quell’occasione che egli scrisse quelle vibranti canzoni patriottiche che, pubblicate inizialmente dal « Corriere della Sera », dovevano poco dopo essere riunite nel volume: « Merope ». E fu nella stessa epoca che ebbe luogo il conflitto suo con la Casa Editrice Treves, che io narro altrove diffusa-mente (1), determinato dal divieto di pubblicazione emanato dal Governo di Giolitti. I giusti furori del Poeta che non poteva ammettere che l’Italia piegasse la testa dinnanzi alle pretese austro-germaniche, se non rappresentano atti di politica pura, rimangono pur sempre affermazioni chiare e solenni di politica programmatica. Alla definitiva occupazione della Libia da parte dell’Italia, segue per d’Annunzio un periodo politicamente tranquillo, il quale non viene interrotto che dal brusco inizio della formidabile conflagrazione europea. In quell’epoca, più ancora che l’uomo politico, si sveglia in lui il patriota. E, come è noto, nella sua qualità di interventista convinto, egli si schiera contro Giolitti e i suoi satelliti, ostili all’intervento italiano. Parlo altrove degli atteggiamenti di d’Annunzio durante quel periodo di attesa per lui angosciosa ed anche di quei giorni infuocati che cominciarono con l’orazione di Qjjarto nel maggio 1915, e si chiusero alla fine luglio dello stesso anno con la sua vera e propria attività militare. Di gesti a colore spiccatamente politico ne troviamo poi sino ai giorni di Fiume soltanto uno, costituito dal libro intitolato: « Aveux de VIngrat », grido irrefrenabile e indi- ( 1 ) V. il capitolo « Splendori e miserie degli editori di d’Annunzio ».