AUT CAESAR AUT NIHIL 757 « Finalmente si giunge al Palazzo del Governo. « D’Annunzio aveva la lebbre a 39 gradi. Dall’alto dell’automobile parla per la prima volta ai fiumani e li invita a venire davanti al Palazzo per le sei di sera. Poi, riparte per l’albergo Europa dopo aver dato ordine ai capi-reparto di circondare il Palazzo con le autoblindate e di non lasciar entrare né uscire nessuno fino a che egli non ne avesse preso possesso. « Alle tre d’Annunzio entrò nel Palazzo del Governo. Ordinò che fossero sbarrate le linee per evitare l’entrata in città dei ''''non italiani”. Cosi disse lui. « La sera del 12 alcuni marinai vennero ad avvertirlo che la corazzata “Dante Alighieri” stava per lasciare Fiume. « D’Annunzio diede ordine allora ad alcuni suoi ufficiali di salire a bordo della nave con un reparto di arditi. « I marinai acclamarono gli arditi. « La nave rimase. » Italiano sino al midollo, dall’inizio dell’impresa sino alla sua tragica e gloriosa conclusione, tanto nel modo di agire, di pensare e di difendersi dall’insidia nemica, quanto in quello di contrattaccarla, d’Annunzio, appena giunto a Fiume e assunto il comando della città, volle concedersi la gioia inaudita di umiliare l’orgoglio degli immemori ex alleati. E vi riuscì. Là dove un generale, anche se ribelle, avrebbe esitato vagliando i pro e i contro dell’atto, forse piccolo in se stesso, ma enorme come simbolo e nelle sue conseguenze, il Poeta non esitò. Forte degli antichi diritti acquisiti dalla sua nazione, egli impose perentoriamente ai comandanti delle truppe inglesi e francesi che ancora occupavano due caserme della città, di abbassare le loro bandiere e di sgombrare Fiume entro ventiquattr’ore. La situazione era paradossale; da un lato l’Inghilterra e la Francia spalleggiate apertamente dall’America; dall’al-