d’annunzio e la famiglia 6ii nore. Quando, per le necessarie pratiche delle pubblicazioni, ci recammo in gruppo dal pretore di Venezia, alla sacramentale domanda fatta al Poeta dal magistrato: « Quanti anni ha? » d’Annunzio (che aveva allora 53 anni) rispose imperterrito: « Quarantotto ». E mi diede una sbirciata eloquente. Nessuno naturalmente fiatò, ma quando venne il mio turno, io che in quel momento ne avevo 39, dichiarai con voce ferma guardando il Poeta: « Ventisette »! Egli sorrise, e quando, dopo un quarto d’ora, si ritrovò solo con me, mi disse: « Mi sono convinto oggi che tu sei proprio il segretario che fa per me ». Qualche anno dopo, Renata raccolse le sue impressioni su quel periodo grigio e portò, al Vittoriale, al padre suo, le pagine che aveva scritte e che avrebbe desiderato pubblicare. D’Annunzio non solo lesse con commozione ed interesse il manoscritto ma lo giudicò letterariamente buono. La figlia del Poeta sa scrivere infatti con garbo, sincerità e purezza di lingua. E il padre non solo accondiscese al desiderio della figlia, ma parlò egli stesso con l’editore che avrebbe dovuto pubblicare quel volume, interessantissimo soprattutto perché costituiva la storia profondamente umana e vera di quei giorni che il Poeta aveva già, nel « Notturno », descritti e interpretati... da poeta. Ma dopo aver dato il suo consenso alla pubblicazione e dopo avermi personalmente incaricato di definirne le condizioni finanziarie coll’editore Mondadori, egli mi telegrafò improvvisamente: « Pregoti avvertire Mondadori che manoscritto Renata ha bisogno di largo rimaneggiamento e che considero non opportuna pubblicazione affrettata. Sarebbe deplorevole che alla « Sirenetta » fosse attribuita una intenzione mercantile. Regolati in conseguenza. Arrivederci. »