GLI AMICI DI D’ANNUNZIO 579 facessi verrei meno, imperdonabilmente, anche al mio dovere di biografo, poiché il sentimento da lui dimostratomi e che mi sforzai di ricambiare sempre con fedeltà e con fervore, rappresenta per il suo carattere una molto notevole eccezione. Delle prove di questo affetto, non determinato mai in lui da interesse personale, i lettori di questo libro sono abbondantemente istruiti attraverso le innumerevoli citazioni delle lettere di d’Annunzio a me dirette (i). (i) In un periodo assai triste e difficile della mia vita, egli scrisse di me, ad un mio amico che faceva allora parte del Governo e che era anche stato suo camerata di guerra, una lettera che la modestia dovrebbe vietarmi di riprodurre, ma che d’altra parte costituisce una cosi palese prova dei suoi sentimenti d’affetto a mio riguardo, che (avendo io affermato che in d’Annunzio simili slanci sono rari) mi stimerei ingeneroso e ingrato se non la citassi. Eccola: « Caro compagno, io ebbi già l’occasione di chiederti una indulgenza, non consentita dalla Regola, in favore di due ginnasti volonterosi che si dolevano di essere esclusi dalla grande Gara. Erano ottimi entrambi: e si credevan segnati dalla Vittoria. <■, La mia domanda fu da te respinta. Evoco questa disavventura per darti oggi il modo di fare ammenda. È venuto a riprender forza e buon umore tra i roseti del Vittoriale Tom Anton-gini, dopo la sua lunga e pericolosa infermità berlinese. Credo che tu conosca la sagacia, la cultura, la prontezza, la costanza del nostro amico. Lo stesso Primo Ministro lo conosce e lo pregia. Penso che Tom Antongini abbia tutte te qualità e tutte le esperienze per rendere grandi servigi nel campo giornalistico e politico. Egli fu già in Parigi efficacissimo rappresentante della Reggenza del Camaro, dopo essere stato valoroso legionario. Conosce in Parigi profondamente gli uomini « gli Istituti. Mi fu cooperatore costante negli armi del mio esilio: e anche in quel tempo si mostrò “ osservatore acuto ed elegante ”. *È tempo che gli sia data la remunerazione dovuta al suo valore ed alla sua leale volontà di servire. « Confido che tu accoglierai con animo giusto questa dimanda in favore di questo altro “atleta” che sdegna di mostrare i suoi bicipiti. So che gli sei giovine amico affettuoso quanto me che gli sono amico vecchissimo. Grazie. Ti abbraccio Gabriele d’Annunzio. * Il Vittoriale, so maggio igsg ». La fortuna (poiché per alcuni essa rimane ’sempre la sola arbitra del destino) non mi accordò di ottenere quella remunerazione che d’Annunzio aveva chiesta per me con tanto fraterno calore. Forse la Dea bendata mi stimò giàjabbastanza remunerato dalle parole del Poeta. E neppur oggi mi sento di darle torto.