358 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO città ricca. Un senso della vita cosi diverso da quello che si ha nelle nostre piccole città italiane! La forza barbarica; la potenza del traffico e del lavoro. «Ripasso dinanzi al “Burgtheater" dove la rappresentazione è incominciata. « Le parole della mia poesia risuonano nella vasta sala su la moltitudine che non le comprende e che non mi conosce. Solitudine. Leggera febbre mentale. Stanchezza. Passione. « E quel vecchio Imperatore, là nel suo palco, mummificato! » Si giunge cosi alia terza fase, quella della « creazione » vera e propria. Può durare un mese, due, a seconda dei casi. Durante questa fase d’Annunzio non prende in mano la penna nemmeno per stendere il più piccolo appunto. Se mai, rilegge quelli già scritti, sfoglia qualche volume e, sopratutto, passeggia, monta a cavallo, medita. I suoi rapporti con le persone che lo avvicinano, o che vivono con lui, sono ridotti al minimo necessario. Persino la donna più cara, dato che essa abiti la casa, diventa in quel periodo, un mobile e nient’altro. Si direbbe che egli la guardi senza vederla. A colazione e a pranzo, se non è solo, il Poeta si limita a rivolgere al commensale qualche futile domanda e non ascolta nemmeno la risposta. Come ho detto, ad Arcachon, durante uno di questi periodi, trovandomi io quasi ogni giorno a colazione con lui, mi rivolgeva di tempo in tempo delle interrogazioni banali, riguardanti fatti e persone, e non si stupiva menomamente, anzi non s'accorgeva nemmeno che io non gli rispondessi; né mi sentirei di affermare che egli mi fosse almeno grato di quel mio comprensivo silenzio. La sua attitudine era quella di un uomo garbato, come egli è sempre, ma costantemente trasognato. Il suo spirito era altrove.