d’annunzio e gli animali 235 tile speculazione; si sa nei dintorni che ogni gallina trovata morta (1e la morte ben inteso è invariabilmente attribuita ai miei cani) viene da me pagata a un prezzo superiore di 4 lire a quello del mercato. La miglior prova che questo fatto è noto a tutti, è che io sono costretto a mangiare galline quasi ogni giorno! » Il processo si chiuse con la condanna dell’« assassino » a dieci giorni di detenzione e cinquanta lire di multa. La piccola vittima divenne celebre, almeno sui giornali dell’epoca, quanto il cane di Alcibiade. Come gli oggetti d’arte, i mobili e i tappeti, le maioliche, i gioielli e gli oggetti personali, come i petulanti piccioni e le amorose tortore, il cui dolce tubare empiva di languore gli orti della Capponcina, cosi anche i levrieri e un povero piccolo « spaniel » che si chiamava « Teliteli » furono dispersi in seguito alla vendita della solitaria dimora ove il Poeta aveva pazientemente accumulata tanta bellezza ed aveva scritto tanti capolavori. È noto infatti che solo i libri sfuggirono a quel saccheggio idiota e irreverente del quale mi riserbo di parlare altrove, non fosse che per la gioia di bollare a fuoco quei farisei che da vicino o da lontano se ne dilettarono come d’una vittoria e credettero di assistere allora al seppellimento d’una gloria, che simile alla Fenice rinacque più viva e più fiammeggiante a ogni nuovo tentativo di distruzione. La muta di cani in parte distrutta, in parte dispersa, si ricompose durante il volontario esilio di d’Annunzio in Francia. Ad Arcachon, allo Chalet Saint-Dominique, egli co-strusse nel giardino un magnifico canile, e ne ornò la porta con quattro pilastri di legno, sostenenti delle lepri rozzamente scolpite che ora si trovano nel giardino del Vitto-riale e danno il nome al celebre « Ponte delle lepri ». Vi allevava, come sempre, levrieri, alcuni russi, altri scozzesi.