d’annunzio E IL TEATRO 621 si accusasse per la seconda volta di avere crocefisso il Signore ». « La mia opera » gli rispose d’Annunzio « è un’opera essenzialmente mistica e inattaccabile dal punto di vista religioso. E poi, caro Astruc, quando la^Rubinstein si mostrerà quasi nuda al momento del supplizio, sarà troppo tardi per protestare. Il pubblico sarà già conquistato ». Egli era del resto cosi profondamente convinto che, salvo rarissimi casi, il grosso pubblico non lo potesse comprendere che quando avvenne il contrario, più che soddisfatto, ne rimase stupito e interdetto e si chiese ridendo quale potesse essere la ragione di un avvenimento cosi inatteso. Cosi avvenne nel 1904 alla prima rappresentazione della « Figlia di Jorio » a Milano. Il successo strepitoso di quella tragedia essendosi delineato sin dal primo atto, si corse alla ricerca dell’autore e a stento lo si rintracciò. Anche anni dopo d’Annunzio ricordava sovente l’impressione che provò quando, trascinato riluttante sul palcoscenico, cominciò col vedere, a sipario chiuso, il primo interprete Calabresi che si contorceva per terra in una crisi epilettico-nervosa e si trovò qualche minuto dopo, a sipario alzato, dinanzi ad una folla delirante ed urlante che egli, sul momento, non comprese bene se intendesse ingiuriarlo od applaudirlo. Quali sono le regole secondo le quali d’Annunzio sceglie gli interpreti delle sue opere teatrali? Bisogna distinguere; e la distinzione (il lettore lo avrà già intuito) riguarda il sesso degli interpreti stessi. Per gli attori maschi, più o meno, tutto va liscio. D’Annunzio insiste per avere quelli che ritiene più adatti alla intepretazione dell’opera e l’affare è sbrigato in pochi giorni di « pourparlers ». Ma dove le cose cominciano a complicarsi è quando si deve fare la scelta degli interpreti femmine. « C’est toute une histoire! » come dicono i francesi. Prima di tutto, esistono sempre, da parte del Poeta, degli impegni d’origine sentimentale che datano, alle volte, da