2Ó0 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO Quanto al pesciolino (che tra parentesi ebbe il buon senso di non abitare nella casa di d’Annunzio contemporaneamente al tarabuso, perché in tal caso, invece di avere oggi una piccola tomba rispettata ed onorata nei giardini di Versailles, l’avrebbe avuta provvisoria ed avvilente nello stomaco di Evandro) la sua breve storia si riallaccia, caso imprevedibile per un pesce, a due gravi problemi psichici: quello della telepatia e quello della premonizione. D’Annunzio venne in possesso del sullodato pesciolino in un modo curioso. Non lo comperò, né gli fu regalato. Se lo guadagnò con sua abilità e col sudore della sua fronte; il vero sudore, non quello in senso figurato. Eravamo al tempo delle prove del « San Sebastiano ». D’Annunzio, come ho già detto, viveva a Versailles, ove, dopo le prove pomeridiane del Teatro dello Chàtelet a Parigi, ritornava ogni sera con la sua automobile per l’ora del pranzo. Un giorno non tornò. Lo aspettammo invano al « Tria-non Palace » sino alle 8. Poi, inquieti, si cominciò a telefonare. Dal teatro ci risposero che alle cinque e mezzo il Poeta era partito e che la «maschera» del teatro l’aveva udito benissimo dare al conducente l’indirizzo di Versailles. Cos’era dunque accaduto? Una cosa semplicissima. D’Annunzio, nel ritornare a Versailles, s’era trovato nei sobborghi (se cosi si possono chiamare) della cittadina, in mezzo ad una impreveduta « fiera », dovuta a non so quale ricorrenza o festività nazionale. E la sua curiosità, sempre vigile e giovanile, gli aveva fatto fermare l’automobile, lo aveva fatto scendere e l’aveva spinto a visitare i baracconi della fiera, incominciando dall’inevitabile serraglio e dalla donna-pesce, per finire agli altrettanto inevitabili tiri a segno. Là s’era fermato e, scelto un baraccone in cui i premi gli erano parsi più seducenti,