140 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO mi disse egli un giorno << è impareggiabile. È ancora più interessante di quella di Anatole Franct., che è tutto dire ». Egli mi mandò una volta dalla illustre poetessa con un biglietto; non la vidi perché era leggermente sofferente, ma, in attesa della risposta, fui introdotto nel suo salotto. Notai subito un paio di eleganti pantofole abbandonate sul tappeto, tanto piccole che non sembravano poter servire ad alcun piede umano. Ritornando a casa feci cenno di questa mia scoperta a d’Annunzio. «Come!» mi disse, « non sapevi dunque che Madame de Noailles possiede i più poetici e piccoli piedi del regno di Francia e di Navarra?». Dei suoi rapporti e delle sue opinioni su alcuni musicisti parlerò in altri capitoli. Ma ad altri musicisti egli fu legato semplicemente da rapporti d’amicizia o di fraternità artistica. Con Arrigo Boito, per esempio, che egli non mancava mai di visitare a Milano ogniqualvolta si recasse in questa città. Di Boito egli mi disse un giorno: «È un uomo d’un grande ingegno ma è un artista che non sa trasformarsi. È mai possibile tenere in corpo ” e modificare per cinquantanni la stessa opera?» (1). Egli amava molto anche la conversazione di Boito, ricca di coltura, varia, originalissima. Si divertiva alle sue manie per gli acrostici, per i giochi di parole, per le sciarade... Un giorno il caso volle che io fossi invitato ad un loro pranzo intimo al quale partecipava anche Giacosa. Io non ero che il trascurabile quarto, « fra cotanto senno ». La conversazione dei tre artisti sfiorò tutto lo scibile. Ad un dato momento, credo a proposito della « Città Morta », d’Annunzio parlò delle miracolose scoperte dell’archeologo Schliemann a Tirinto e a Troia, del casco d’oro d’Agamennone, della corazza di Menelao... (1) Allude al «Nerone », di Boito.