i8 VITA SEGRETA DI GABRIELE D’ANNUNZIO sapesse trar profitto, a proprio vantaggio, di questa sua sensibilità esagerata. Non appena veniva portato un piatto che gli piaceva, il Sonzogno ostensibilmente si ficcava in bocca una mosca e fingeva di mangiarla. Il povero d’Annunzio, inorridito, si alzava e scappava, ed allora il compagno si affrettava a mangiare anche la sua porzione. In questi ultimi anni (epoca del Vittoriale) sebbene egli affermi di non prendere che un pasto leggerissimo ogni ventiquattro ore, e di star chiuso a lavorare nel suo studio dalle dieci di sera fino all’« ora delle rugiade » (cosi egli allude erroneamente alle quattro del mattino) in realtà, ecco invece i suoi pasti e le sue ore di lavoro attuale. Si ritira nel suo studio verso la mezzanotte e si fa portare mele cotte, biscotti inglesi e latte. Legge o lavora fin verso le tre e mezzo, o le quattro del mattino. Poi va a letto e dorme fino a mezzogiorno. Fa colazione (fuorché in casi rarissimi) da solo. Poi con lentezza si lava, si veste e bighellona per la stanza. E cosi, fin verso le quattro o le cinque del pomeriggio. A quell’ora prende un tè o un caffè e latte, completi. Poi, verso le diciassette, scende in giardino, va a sorvegliare i lavori della casa, leggicchia, dà una scorsa ai giornali; si aggira per l’appartamento, muta di posto a qualche oggetto; se è di buon umore, c’è anche caso che apra qualche lettera e la scorra... Verso le nove, pranza abbondantemente, solo, a meno che vi sia qualche invitato la cui compagnia gli vada a genio in modo particolare. Poi si ritira. Le tre di notte sono per d’Annunzio un’ora normale per scrivere, vivere ed agire, tal quale come le tre del pomeriggio per gli altri. Cosi gli accadde talvolta di inviare alle tre o alle quattro di notte, per mezzo di un suo domestico, a villeggianti suoi amici, o a camerati che sono venuti a trovarlo a Gardone e che com’è naturale a quell’ora dormono placidamente, scatole di cioccolatini, fiori, inviti a pranzo per il giorno dopo, ecc., ecc.