— 18 — miei deputati italo-vindobonesi, m’inchino dinanzi ad ogni prepotenza giallo-nera? » Ma a fomentare qualche strana credenza valsero anche altri fattori. Certi trentini e triestini, che si stabilirono nel regno, ebbero la peregrina idea di fondare qua e là delle società per lare un po’ di baldoria in carnevale, e possibilmente anche in quaresima. A tali società imposero il fatidico nome: < Trieste e Trento ». Sono appunto i membri di queste società, che, assenti da lunghi anni (1) dai nostri paesi, s’incaricano non solo di spargere una infinità di fandonie su le condizioni locali, ma anche di partecipare (in nome di Trieste e di Trento, s’intende) con bandiere abbrunate, corone di fiori ed altre allegrie del genere, ad ogni baccanale e ad ogni saturnale sabaudo. E sono i membri di queste società che soffiano negli orecchi dei Barzilai, dei Socci, dei Mazza certe stramberie, certe ideacce... * Per buona fortuna, in questi ultimi tempi, nel regno, qualcuno s’è levato in armi contro questa dannata ignoranza delle cose nostre. E, mentre le varie Italie e le varie Gazzette falseggiavano e faloticavano, la Critica del Turati con gli articoli briosi e profondi del Travet, l’Educazione politica con la penna del Ghisleri, Y Avanti! colla simpatica maniera del Morgari eccitavano i « redenti » a declamare di meno e a studiare di più. Ma Trieste reclama di esser conosciuta ancor meglio, in una alla regione di cui è la capitale morale. Ogni tanto, nel regno, ci si ricorda di S. Giusto e del suo colle, dell’italianità della patria del Revere, del buon sangue (1) L’Avanti ! di Roma (in un cappello ad un nostro articolo polemico contro l’onor. Barzilai, che opportunamente fu chiamato l’Ajace dell’ir-redentisino italiano) osservava che coloro che nel regno ora discorrono delle nostre condizioni non sanno quanti mutamenti subirono i nostri paesi negli ultimi venti anni.