62 LA JUGOSLAVIA ECONOMICA spaventoso dell’emigrazione — dopo il 1900 — non va dimenticata quella dell’impossibilità di procurarsi del lavoro in casa propria per l’assoluta mancanza di ogni qualsiasi industria. Le notizie poi dei compatrioti, amici o parenti, già emigrati e che nella lontana America avevano trovato da allogarsi, — e bene, — allettava i contadini rimasti, inducendoli a partire anch’essi per quelle regioni più ospitali, nelle quali il lavoro veniva compensato, se non da altro, almeno da minor fame. La migrazione è stata sempre in strettissimo rapporto colle condizioni politiche ed economiche dei singoli Stati. Fra tutte le regioni dell’impero Absburgioo, quelle jugoslave primeggiavano nel movimento di emigrazione e di giorno in giorno tale flagello spopolava la nazione jugoslava. Le autorità assistevano impassibili all’esodo delle giovani forze, quasi favorissero la scomparsa dal suolo nativo di gente slava per soppiantarla con quella tedesca. Soltanto negli ultimi anni dell’impero, quando si ebbe a Vienna la visione chiara della prossima guerra, il Governo pensò di impedire l’esodo con regolamenti polizieschi, elaborati dal Ministero degli Interni, non per ragione economica, ma bensì militare. Malgrado tali misure restrittive, dai giorni dell’annessione della Bosnia, quando incessantemente aleggiava sul fosco orizzonte politico il fantasma della guerra, l’emigrazione crebbe in maniera straordinaria, specialmente fra i giovani di leva. Così nel periodo 1912-1913 emigrarono dalla sola Dalmazia oltre 15.000 individui, in massima parte soggetti al servizio militare. Nei soli Stati Uniti, si trovano oltre 700.000