TRIESTE 43 venute a liberarlo? Dove i protettori? Dove gli amici? Trieste era sola al mondo: sfiduciata di tutti, sfiduciata di tutto : sfiduciata degli altri e di sè. Nell’impeto primo della sua passione, sbalzò lontano i patrizi che sedevano nel Consiglio, autori della snervante pace, colpevoli di contaminazione dello Statuto antico del Comune italico per mettere il morso alla città gonfia di pianti e di sdegni. Ripararono nel castello di Duino, di là chiedendo aiuto a Federico 111 imperatore. Nicolò Luogar, castellano di Vippaco, era il braccio forte de’ fuorusciti; Gianantonio Bonomo la loro mente : un altro Bonomo, Antonio, capeggiava frattanto nella città. Giunsero a Trieste i messi inviati dall’imperatore, e dietro a loro s’introdussero notturni i fuorusciti : padroni delle torri e delle porte, sorpresero e soverchiarono gli avversari. Il castello di Duino, come era stato asilo ai conciliaboli degli esiliati, così divenne carcere ai loro esiliatori.