158 SILVIO BENCO del carico. I vasti moli sono chiusi come fortezze tra codesti colossi nereggianti ; v’è disordine di lunghi carri che s’attraversano, di balle di cotone accatastate con casse d’agrumi, con sacchi di riso, con rotoli di pelli, con botti di vino, con canestre di frutta: v’è odore di catrame, di fieno, di pesce in conserva, di carbone, di vapor acqueo che sfiata caldo dalle valvole dei macchinari. A mezzogiorno, quando la sirena ha ululato la tregua del lavoro, migliaia d’ uomini, mangiato in fretta il boccone che la donna o i figliuoletti hanno loro portato da casa, si distendono nella polvere, sotto le tettoie di magazzini, il cappello sugli occhi, la giacca sotto il capo, piombando nel sonno con l’inerzia fisica della digestione. Il punto franco è allora un campo di dormienti. Il riposo brutale ha una grandiosità sacra. I grossi cavalli innumerevoli, attaccati ai carri, ruminano con filosofia il loro pasto. I doganieri, innumerevoli, gallonati e filettati