TRIESTE 161 Trieste sarebbe stata un’ingrata se non avesse eretto questo monumento. Per la cultura triestina, Domenico Rossetti, è veramente «isprendor et lume, fonte et rio». Prima di lui aveva avuto la città, insigni uomini, i suoi storiografi secenteschi padre Ireneo della Croce e don Vincenzo Scussa, il suo giureconsulto Casimiro Donadoni all’inizio del settecento, e alla fine di quel secolo il delicato archeologo Aldrago de Piccardi, e al tempo degli umanisti Raffaele Zovenzoni e l’elegante poeta de\YHistria, Andrea Rapido, vescovo pacificatore, morto a quanto pare, per una tazza di veleno bevuto in sbaglio durante un convito nel quale i partiti cittadini celebravano la pace e l’amor di Dio. Ma Domenico Rossetti era stato un anima, più che per sè, per tutti, una provvidenza dell’ intelletto in una città che si veniva componendo un’ intellettualità collettiva. La Biblioteca civica di Trieste, oggi esercito schierato di oltre Biblioteca civica