TRIESTE 49 grande tavolozza di bruni, di rossigni, di grigi, di tinte sporche, di toni cupi fino al nero sordo e polveroso della fuliggine; un grande impasto di miserie e di sudiciume, nel quale la vita umana brulica come un fermento; vergognoso un poco: l’odore di sfacelo delle vecchie murature, il miasma delle infiltrazioni viscide, il tanfo dell’aria imputridita negli antri bui di certi portoni, nella semioscurità equivoca di certe botte-guccie, si confondono in una complicata atmosfera ammorbante, dove è sentore di ragnatele e di topaie, di calcinacci e di legni consunti, di letti sfatti e di ferrame rugginoso, di cuoi freschi e di legnami fracidi, di friggeria, di rigatteria, di alcoo-lismo e di prostituzione. Nella parte alta del quartiere, nei chiassuoli e nei vicoli di Donota e di Rena, eretti in parte sopra i ruderi delle mura e del Teatro romano, il pittoresco prevale, con un contrasto di poesia robusta e vivificatrice per i netti squarci di