68 ITALIA ARTISTICA * * * Tuttavia l’incremento e la prosperità di Trieste per lunghissimo tempo rimasero sole speranze; anzi parve si affievolissero e si spegnessero prima di prender forma e sostanza. Ho sott’occhio una veduta prospettica della città, disegnata nel 600 e vedo intatta la linea delle sue prime mura, e dentro queste ancora inabitate le parti che nel ’300 erano vuote di case, e fuori delle porte nessun edificio all’infuori di qualche chiesa, ma la solitudine dei colli e delle saline: quest’ultime anzi per i nuovi gravami imposti dall’impero erano a poco a poco abbandonate. Nè ampliata era la giurisdizione sul territorio: il vecchio sigillo che segnava i limiti dell’agro triestino fra Sistiliano, la pubblica via Romana, il dosso di Castellier e la riva del mare, poteva essere ancora adoperato dai magistrati che tuttavia si eleggevano secondo le antiche consuetudini. Era sempre la vecchia costituzione aristocratica, col consiglio maggiore e quello di Pregàdi (nome veneziano), il podestà, il giudice del maleficio; in più il capitano imperiale; e avevano autorità sugli altri cittadini i discendenti dalle « tredici casate », una specie di libro d’oro triestino fissato a mezzo il secolo XIII. Chi potesse sconvolgere il pavimento della insignificante chiesa ora dedicata alla Vergine del Soccorso troverebbe le loro tombe: lì sorgeva il convento francescano che la tradizione vuole fondato da S. Antonio da Padova, e nelle sue cripte eran le sepolture d’onore dei grandi cittadini e forestieri : alcuni patrizi veneziani pacificati nel sonno misterioso vi riposarono coi patrizi triestini. A completare questa imagine della Trieste anteriore al rinnovamento commerciale, mi piace riportare un passo del secentista monsignor Tommasini, che ne parla con affetto bonario. < E una bella e ricca città e la più insigne della provincia, la quale gode la sua libertà quasi picciola repubblica, riconoscendo però il serenissimo Arciduca d’Austria per signore ed a questo ogni anno pagando un piccolo tributo di 100 orne di vino. « Ha belli casamenti e dentro adornati e la gente è di bello aspetto. Amano li forestieri e li virtuosi (i belli ingegni) e sono amorevoli e gentili, molto accostumati, liberalissimi anzi prodighi nel convitare e nel banchettare. Non vi è forestiero che voglia fermarvisi, il quale non trovi occasione di prendere moglie, essendo la città numerosa di questo sesso e queste son belle, rosse e bianche.... e facilmente ingrassano e sono feconde ed oneste. « La lingua di questi abitanti è furlana corrotta ». Ma da allora anche questo segno dell’antica vita è scomparso: al dialetto ladino che accomunava i Triestini cogli abitanti della pianura friulana e testimoniava la loro origine carnica, è sottentrato, forse per la via deH’Istria, il dialetto vene-