Nuovo Archivio Veneto zione fosse estranea al concetto longobardo, dove non c'è che una associazione sola, quella della famiglia. Dalla famiglia si svolge la fava, cui si congiungono poi i vincoli di vicinato, di consorzio ecc. Le vecchie associazioni operaie romane rimasero strozzate dal forte ordinamento germanico, sicché non se ne ha memoria dal VI secolo all’ XI. Invece troviamo associazioni di lavoratori basate sul sistema curtense, cioè ispirate da un concetto rigidamente monarchico. A tale sistema, non molto, ma pur qualche poco riescono a sfuggire, in parte cioè vi si sottraggono i « negotiatores ». Neppure si può ammettere che i « coma-cini » costituissero un’ associazione. La giIda, che si manifesta nel regno franco sul cadere del VII secolo, non ebbe vita in Italia; peraltro vi troviamo al tempo longobardo alcune associazioni consimili « adfratatio», «confabulano », ma ad esse lo stato si dimostra contrario. Nei luoghi su cui 1’ influsso bizantino si mantiene, come a Roma e a Ravenna, continua invece la schola. Sorto il feudalesimo, neppur questo vide di buon occhio 1’ associazione del lavoro^ che porrà salde radici soltanto nel sec. XI. Allo’ra si ricompone lo Stato e così le ragioni dell’antica avversione cessano. Quando il Comune sarà costituito, si moltiplicheranno le associazioni, destinate a traboccare in tutte le correnti della nuova vita. Ma tali associazioni sono posteriori, non anteriori all’origine del Comune. Questo lavoro molto erudito (forse le citazioni delle opere moderne sono troppo numerose in confronto a quelle delle fonti) destò meritamente molto romore. Le conclusioni del Solmi non furono accettate da C. Arlias (i) il quale riconosce le traccie della organizzazione cooperativa dal V all’XI secolo. Troppo sistematico parve il libro del (i) Riv. stor. ital. Ili, 280 sgg.