- 17 - Sicché, quanto a lingua, possiamo tranquillamente asserire, che a Spalato, nel trecento, slavi nel vero senso della parola non esistevano. Esistevano, se mai, dei bilingui. Chè, se anche negli strati più bassi della popolazione, vi fossero stati dei nuclei di qualche rilievo interamente e solamente slavi, noi, a dire il vero, non sapremmo come spiegare la possibilità di funzionamento di gran parte delle istituzioni cittadine. Italiano era il podestà che dal popolo doveva sentire le liti e giudicarle; italiani e soltanto italiani i notai che per il popolo stendevano gli atti ; italiani e soltanto italiani i medici e i cerusici che dal popolo sentivano la narrazione dei loro dolori e ne curavano la salute ; italiani e soltanto italiani i maestri che ai ragazzini, anche del popolo, insegnavano lo scrivere, il leggere e il far di conto; italiani i capitani di guerra che comandavano il popolo e lo conducevano a battaglia1); italiane le leggi, italiano lo Statuto, italiane le preghiere, italiani i canti. Tutta la vita dunque era italiana. Di slavo nulla, proprio nulla. In tutto l’archivio che, per quanto frammentario, è tuttavia una abbondante e preziosa miniera per la vita e la storia spalatina del trecento, non una parola, non una sillaba, non una lettera abbiamo trovata che fosse slava. Tutta la vita si svolgeva forse per via d’interpreti? Ma nemmeno d’interpreti a Spalato nel trecento v’è la minima traccia, come invece ve ne sono nel quattrocento. Quando nel 1395, la rapida ascesa delle classi popolari, determina, diremo cosi, una democratizzazione della vita cittadina, e per rendere accessibile a tutti lo Statuto lo si volgarizza, lo si volgarizza in italiano e non in islavo. In questo ambiente etnico e linguistico sorgono i nostri documenti volgari. In questo ambiente essi perfettamente s’inquadrano; lo illuminano e ne sono illuminati. * * * Per quanto i nostri documenti ci siano stati tramandati assieme alle reliquie della cancelleria medioevale spalatina, giova qui subito affermare che essi non ne sono un prodotto. È risaputo infatti che i notai *) Il fatto risalta da un documento di casa Cindro, gentilmente comunicatoci dal prof. Alessandro Selem. Ne trascriviamo il protocollo : « Anno nativitatis ...millesimo trecentesimo octuag[esimo nono, indictione] duodecima. Regnantibus serenissiinis principibus et dominis nostris naturalibus domino Sigismundo et domina Maria dei gratia Ungarie etc. rege et regina inclitis; temporibus quidem reverendi in Christo patris et domini Andree premissa gratia archiepiscopi Spa-latensis, magnifici viri Malateste de Ancona guerre honorabilis ca-pitanei, nobiliumque virorum dominorum Nicole Miche Madii, Marini Duymi et Nicole Marini Laurencii de Cyndris iudicum honorabilium civitatis Spaleti, die septimo mensis novembris», 2