- 42 - Giovanni da Ravenna, si lagnava « per interpretem agenda omnia » ’), ma nel 1440 un altro umanista, Filippo de Diversis da Lucca, dopo sei anni di permanenza, era in grado di specificare che i ragusei « latine loquuntur, non autem sclaue, nec tamen nostro idiomate Italico... sed quodam alio uulgari idiomate eis speciali, quod a nobis intelligi nequit nisi aliqualis, imo magna ejusmodi loquendi habeatur saltem audiendo consuetudo» -). A Zara si pretende accadesse lo stesso nel 1177, quando Alessando III, nel suo viaggio da Vasto a Venezia, vi si fermò per quattro giorni. Secondo una redazione del 1360 degli « Acta Alexandri pontificis », attribuita al cardinale Nicola Roselli, il papa sarebbe stato accolto a Zara con grandissimo onore, e condotto dal clero e dal popolo nella cattedrale « immensis laudibus et canticis altissime resonantibus in eorum sclavica lingua»3). Il Brunelli, pur dubitando della esattezza e veridicità di questa redazione degli « Acta »4), afferma tuttavia « che il volgare neolatino di Dalmazia poteva essere detto, da chi lo udiva per la prima volta, lingua schiava, perchè sorto in paese che gl’ Italiani chiamano Schiavonia »5). E il Bartoli“), riprendendo le argomentazioni del Brunelli, crede che canti dalmatici furono presi per slavi. Congetture veramente acute e giustissime tutte e due dal punto di vista filologico, ma inopportune e fatte a vuoto perchè i canti, non importa se slavi o dalmatici, non esistettero mai che nella fantasia del rimaneggiatore trecentesco degli «Acta » di Alessandro III7). *) F. RACKI, Prilozi za poviest humanisma i renaissance u Dubrovniku, Dal-maciji i Hrvatskoj. I. Ivan Ravenjanin in Rad, Zagabria, Accademia Jugoslava, voi. LXXIV (a. 1885), pag. 167. Ma forse l’affermazione di Giovanni da Ravenna, incastonata com’è in una esagerata dipintura dei disagi da lui provati a Ragusa, non va presa troppo sul serio. Si smentisce egli stesso quando nella «Historia Ragusii» asserisce che suoi uffici erano il bandire assieme al precone gli editti pubblici e le vendite («edicta publica... ac vendicionum tituli cum precone triviatim decantandi » — ibidem, pag. 164), il volgarizzare in giudizio ai litiganti tutti gli atti prodotti dalla parte contraria («tum instrumenta, testificata documentaque ab reo atque actore producta materno cuncta clamore revelanda » — ibidem, pag. 164), il volgarizzare in Consiglio le lettere destinate agli annali [?] (» declarandeque materno sed eloquio, littere destinate annalibus» — ibidem, pag. 165-166). Non si capisce come egli avrebbe potuto attendere a queste incombenze se il dalmatico gli fosse stato del tutto incomprensibile ed avesse sempre avuto bisogno di un interprete. Avrà, se mai, avuto bisogno che singole espressioni gli fossero spiegate. z) V. BRUNELLI, Philippi de Diversis de Quartigianis Lucensis, Situs aedificiorum, politiae et laudabilium consuetudinum inclytae civitaiis Ragusii ecc., in Programma del Ginnasio Superiore di Zara, XXIV (1881), pag. 18. ■’) D. Farlati, Illyricum sucrum, Venezia, Coleti, 1775, tom. V, pag. 60. Le redazioni più antiche, specie quella di Romualdo di Guarna, compagno del pontefice nel suo viaggio attraverso l’Adriatico, non hanno questi particolari. •■') V. Brunelli, Storia di Zara, Venezia, 1913, pag. 348. “) M. BARTOLI, Das Dalmatische cit., voi. I, pag. 190 Sgg. 7) Vedasi il luogo succitato della Storia del Brunelli, dove son messi nel debito rilievo gli anacronismi nei quali incorse il rimaneggiatore trecentesco. Per lui Zara è posta «in capite regni Hungarie», cosa che va benissimo per il 1360, ma non per il 1177 nè per tutto il duecento, nè per tutta la prima metà del trecento. Del resto, già il Muratori, ebbe modo di notare la poca attendibilità dell’opera del Roselli.