— 16 — anche un poco meditato il problema non può non sorridere quando, per esempio, legge che quel Dessa e quel Drago, inviati dal capitolo spalatino ad Innocenzo IV, siano stati degli slavix). Da studio ben più profondo e da ben altre constatazioni debbono muovere congetture siffatte. Il vieto e semplicistico criterio della latinità o slavicità del cognome non significa niente e non risolve niente. Chiediamo scusa di questa divagazione polemica, necessaria a sgombrarci la via, e torniamo all’argomento. Che i 700 nobili siano stati quasi tutti di vecchio ceppo latino, latini di lingua, di sentire e di costumanze, crediamo che non abbisogni di dimostrazione2). Ma non altrettanto si può asserire delle altre categorie della popolazione. Nell’ordine cittadino ed ecclesiastico la latinità ha senza dubbio la prevalenza, ma l’uno e l’altro ordine sono sensibilmente intaccati dalla penetrazione dell’elemento slavo che, specie nella seconda metà del trecento, è notevole. Nei populares, per quanto l’originario nucleo latino sia nel trecento ancor forte e vigoroso, la prevalenza è costituita dagli slavi immigrati. Gli liabitatores, elemento nuovo, sono per metà italiani e per metà slavi. I districtuales sono tutti slavi. Questo però quanto ad origine. Quanto a lingua e a costumanze la cosa va diversamente considerata. Non va dimenticato che l’elemento principe della città, quello che legifera e dirige, quello che comanda e impone, quello intorno al quale si muove tutta la vita cittadina, è interamente latino. E la sua energia, il suo potere e la sua capacità assimilatrice dentro le mura cittadine sono fortissimi. L’elemento immigrato che rinsangua e sostituisce le entità demografiche venute a mancare in seguito a guerre, epidemie e sbandeggiamenti, viene assai facilmente e assai rapidamente assimilato. A Spalato esso trova sicurezza e diritti assai più ampi di quelli che a casa sua aveva goduto, e vi rimane volentieri ligio e obbediente alle leggi del comune, ossequioso alla nobiltà, quasi sempre suo servo. E rapidamente s’impadronisce della lingua, dei costumi e un poco anche delle leggi della nuova patria. E quanto più penetra nella vita comunale, quanto più alta è la sfera nella quale aspira a muoversi, tanto più rapidamente e più radicalmente accetta la lingua, le leggi e le costumanze della nuova patria. ') Starohrvatska Prosvjeia cit., pag. 142-3. -) Notevole a questo proposito la riformazione votata nel 1334 (Statuto cit., pag. 263) secondo la quale non si poteva essere accolti nel Consiglio Generale se non a patto che patres et aui eorum fuerint tempore transacto consiliarii diete civitatis; ac etiam qui fuerint nobiles et quod non possint esse forenses». Una serrata dunque, che senza dubbio mirava a chiudere le porte agli homit\es novi, certamente non tutti latini,