Pubblicaftoni sulla storia medioevale italiana 147 cora il principio patri tico. Sta col Duchesne nel dire che nell’ alleanza franca non c’ era interesse religioso, ma 10 scrittore francese parla della necessità del prestigio della S. Sede, e ritiene che Roma non potesse restare imperiale, e sfuggire al dominio longobardo. A mio avviso, 11 Cr. non dimostra la sua tesi, e si accontenta in ultima analisi di dire che Duchesne non prova il contrario. Per certo la storia ipotetica è difficile, ma basta riconoscere il pericolo gravissimo, che in questo caso non mancava. Va Cr. ricercando le tradizioni imperiali, e studia i tentativi fatti da alcuni usurpatori per ¡stabilire a Roma un impero occidentale. Ma di uno di tali tentativi, dice, p. 38, che fu avversato, tanto dal papa, quanto dai Romani. Opina che contro Liutprando avesse forze bastevoli il patrizio Stefano, e che Gregorio III si rivolgesse a Carlo Martello per timore che soverchiasse poi la potenza di Stefano. Ma il biografo di Gregorio III, che è poi l’unica fonte di questi fatti, assevera che egli ciò fece, al fine di liberare il popolo « a tanta oppressione Longobardorum ». Osserva Cr. che Gregorio III nella sua lettera parla di sè e della Chiesa, ma non del popolo. Si può notare che 1’ interesse religioso fa dunque mostra di sè, e che il silenzio rispetto al popolo non significava esclusione. Nè si vede fondamenti) sufficiente in difesa della opinione, p. 302, secondo la quale il papa mirava a sopprimere i patrizi di Roma e di Ravenna, a proprio vantaggio. A proposito della pace stretta fra papa Zaccaria e Liutprando, il Cr. trova (p. 309) che il biografo papale attribuiva ai Longobardi propositi maligni anche dove questi non c’erano; ma se il papa venne a pace, che malo animo c’era? Soggiunge ancora il Cr., che i Romani furono contenti della pace fatta, ma che in realtà questa fu conchiusa dal papa per suo proprio interesse. Se i Romàni furono contenti, c’era dunque comunanza di politica fra essi ed il papa. A proposito della mutazione dinastica in Francia, Cr. (p. 325) riconosce che il papa