324 LA TRAGEDIA DI SERAJEVO * * * Subito tutta la diplomazia del mondo iniziò un lavoro febbrile. I più insigni personaggi della politica videro allora avvicinarsi la grande catastrofe, ma nessuno di essi ebbe la visione esatta dell’azione da svolgere per sventarla, preoccupandosi ciascuno soltanto di trarne possibilmente vantaggio per il proprio paese. La Serbia domandò l’assistenza dello Czar; tutti sentivano che egli non poteva permettere che la Serbia accettando per intero le domande dell’Austria ne diventasse uno Stato vassallo. A Pietroburgo la notizia della nota austriaca era arrivata proprio poche ore dopo la partenza del Presidente Poincaré, la cui visita aveva naturalmente contribuito ad eccitare l’orgoglio russo; l’ambasciatore Iswolski, che in quell’occasione era andato a Pietroburgo, vi si trattenne ancora qualche giorno dopo la partenza del Presidente ed esercitò il suo influsso guerresco. In un comunicato ufficiale si annunziò che la Russia, seguendo il suo indirizzo politico tradizionale, non sarebbe rimasta indifferente ai destini della Serbia. Intanto il governo russo sollecitò l’Austria ad accordare alla Serbia una proroga allo scopo di dar tempo alle Potenze di trovare e suggerire una soluzione amichevole. Da parte loro la Francia e l’Inghilterra svolsero subito un’azione moderatrice verso la Serbia raccomandandole di mostrarsi conciliante; anche l’Italia le consigliò di adattarsi alle dure necessità del momento. Ed il governo serbo dimostrando molta abilità la sera del 25 luglio rispose al ministro austriaco a Belgrado con un tono assai remissivo. Dicendosi persuaso che la sua risposta avrebbe allontanato tutti i malintesi, che minacciavano di compromettere i buoni rapporti di vicinato tra l’Austria e la Serbia, dichiarava di accettare quasi integralmente le imposizioni dell’Austria, limitandosi a domandare schiarimenti sulla portata della collaborazione degli organi imperiali e rimettendosi (nel caso che il governo austriaco non fosse soddisfatto di questa risposta) sia alla decisione del tribunale internazionale dell’Aja, sia al giudizio delle grandi Potenze. Alla lettura di questo documento tutto il mondo politico provò un senso di sollievo, poiché il suo tenore faceva pieno contrasto colla durezza imperiosa della nota