6 LA GERMANIA PRESA A MODELLO * * * Con Roma capitale d’Italia il re Vittorio Emanuele II potè dire coronata l’opera della sua generazione; la poesia del Risorgimento coi suoi sogni, entusiasmi, sacrifizii e glorie venne considerata chiusa e si iniziò l’epoca grigia dell’assestamento. In dodici anni (1859-1870) i sette Stati della penisola si erano fusi in uno solo. I cittadini, che vennero così a costituire una sola famiglia, erano tutti Italiani, ma quanto diversi gli uni dagli altri! In origine, nelle popolazioni pre-romane d’Italia, vi erano state delle diversità etnografiche, ma Roma nel lungo periodo della sua dominazione aveva saputo assimilare ed amalgamare tutte le genti della penisola e fonderle in un popolo solo, per modo che da più di duemila anni vive sul nostro suolo una razza con fisonomía e caratteri particolari. È vero che nel medio-evo nuovi elementi penetrarono nella penisola (Bizantini, Longobardi, ecc.), ma per lo scarso numero dei loro rappresentanti rimasti tra noi essi vennero, si può dire, completamente assorbiti dal popolo italiano, lasciando solo qua e là alcune caratteristiche, che si mantennero a lungo anche per la conformazione geografica del nostro paese, perchè in questa nostra penisola lunga e stretta, con gli scarsi e lenti mezzi di comunicazione che si ebbero fino alla seconda metà del secolo XIX, difficilmente poteva formarsi una unità di correnti, di costumi, di interessi; ciascuna regione ebbe una storia a sè. Per buona fortuna vi fu un grande legame nazionale: la letteratura, che mantenne salda nella razza romanoitalica la mentalità dei cittadini di Roma. Naturalmente la sua azione era limitata alla classe colta. Ora fu appunto la classe colta quella che ebbe la parte principalissima nella nostra rivoluzione, la quale fu essenzialmente dovuta ai grandi ricordi del passato che riempivano tutta la nostra cultura. Al momento dell’unione vi erano dunque diversità di tradizioni storiche ed anche un diverso livello di civiltà, perchè alcune regioni, per colpa di cattivi governi, si trovavano molto indietro nelle vie del progresso. Per citare un solo esempio: nel 1859 le linee ferroviarie in esercizio nel Piemonte e nella Liguria comprendevano 807 km., in Lombardia 200, in Toscana 308,