12 UNGHERIA coliscono, si spengono, ancora un opaco riflesso, poi nulla. Sotto il cielo senza stelle, la città si adagia immensa: non dorme, però, si schiude ora alla turbinosa vita notturna. Tremule scintillano le luci lontane, più vive le vicine, i cui riflessi giuocano sul Danubio meditabondo. Qua e là guizza una reclame luminosa : si accende, brilla, si spegne, torna ad accendersi : l’azzurro, il rosso, il giallo si confondono, si alternano in una policromia di luci. I ponti risaltano colossali ; par che nell’ombra l’uomo più audacemente ostenti le sue creazioni di fronte alla natura e a Dio. Ogni tanto un puntino luminoso scorre fra le arcate, da una parte all’altra ; si direbbe sospeso ad un filo tirato da una mario invisibile. Invece è un tram, un punto microscopico, disperso in quel colosso. Sotto, i vaporini di traghetto solcano le acque, lenti, silenziosi ; il piccolo fanale acceso, lassù, va su e giù ritmicamente. La terrazza è affollata : poche voci, qualche sussurro. L’orchestrina di cigdny, prima tutta ebbrezza, si abbandona ora ad una nenia elegiaca. Il primo violino, un vero zingaro dal viso nero con due occhi vellutati, pieni di passione, si ag-