306 VERSO LA CONFLAGRAZIONE GENERALE certo non si curò di mettere l’Italia in condizioni di essere forte per ogni evenienza. All’interno egli, approfittando della concordia degli animi stabilitasi colla guerra di Libia, era riuscito ad annullare quasi nel Parlamento ogni lotta di partito. La riforma elettorale approvata nel 1912, che introdusse il suffragio quasi universale portando il numero degli elettori da 3 ad 8 milioni (sopra 35 milioni di abitanti) abbassò naturalmente il livello intellettuale degli elettori aggravando i malanni del sistema parlamentare. Nelle elezioni avvenute secondo la nuova legge nell’ottobre 1913 si avvertì un notevole influsso cattolico-popolare e nello stesso tempo un rafforzamento dei socialisti. La nuova Camera si dimostrò meno docile verso il ministero Giolitti, così che questi nel marzo 1914 rassegnò le dimissioni. Fu allora costituito un ministero presieduto dal prof. Antonio Salandra; continuò a tenere il ministero degli esteri il marchese Di San Giuliano, che era però molto malandato in salute. Durante questa crisi gli Italiani appresero con stupore che il generale Porro, al quale era stato offerto il ministero della guerra, aveva posto per condizione che venisse assegnato un fondo straordinario di 800 milioni per le spese militari. Era una domanda, che rispondeva esattamente ai grandi armamenti già deliberati dagli imperi centrali; ma in Italia si era così lontani dall’idea della guerra, che si cercò e si trovò un altro generale, che accettò la carica senza domandare aumenti troppo rilevanti nel bilancio del suo ministero. Proprio allora invece le Delegazioni austro-ungheresi riunite a Budapest approvavano un nuovo credito straordinario di spese militari per 509 milioni di corone, di cui ben 426 milioni erano destinati alla flotta. * * H« Nel proposito di modificare la situazione balcanica l’Austria si trovava d’accordo colla Turchia, che, sebbene ridotta ormai in Europa ai due vìlayet di Costantinopoli e di Adrianopoli con una popolazione complessiva di 1.900.000 abitanti, contava però ancora, nei suoi dominii d’Asia, ben 19 milioni di abitanti.