43 jamonte prese ad esporre come egli e gli altri espulsi da Venezia erano della stessa parte, degli stessi sentimenti di quelli che colà si trovavano adunati : ben sapere che loro doleva di tale espulsione, pregiudiziale-a tutti gli amici; sperar egli però di potere fra venti giorni tornare insieme co’suoi di nuovo in patria, rendersene signori e far macello di quelli che gli avevano così offesi e cacciati ; e siccome ciò tornerebbe a vantaggio di tutti, cosi ei li richiedeva di consiglio e tavore, nulla volendo fare senza loro avviso ed approvazione, ben sicuro però che, quando mettesse piede in Venezia, raggiungerebbe 1’ intento suo.... Il discorso fu interrotto dall’improvviso giungere d’un ecclesiastico che consegnò certe lettere a Bajamonte, il quale rilevatone il contenuto, disse vedersi obbligato a partire immediatamente, e che del resto si rimetteva con piena fiducia in quanto sarebbero a fare gli ambasciatori del da Camino. Riferirono questi infatti, come venivano per parte del signor loro a domandare soccorso ed assistenza per esso Bajamonte, essendo convenevole che gli amici tra loro si ajutassero, e considerando altresì, che quando la cosa, come sperava, procedesse in bene, ne verrebbe esaltazione a messer Rizzardo e a tutti gli amici. Prese quindi a parlare Enrico Scrovegno dicendo che non occorreva ser Bajamonte si disturbasse a venire fino a Padova, nè che ser Rizzardo mandasse sì solenne ambasciata, mentre sarebbero bastate le lettere o qualche altra manifestazione del loro desiderio, perchè questo fosse fatto ; che egli e per sè e per tutti quelli che là si trovavano, offeriva le sue genti, le armi, la stessa persona ad esso Bajamonte il quale potrebbe disporne a suo piacere. Soggiunse Filippo da Peraga (parente del decapitato Badoer) che il giorno innanzi mentitegli era andato alla caccia nelle vicinanze di Marghera, era corsa voce della venuta di Bajamonte,